L’amarezza non è altro
che la somma del nostro amare, il valore che ingigantisce i frutti sentimentali
annullando le conquiste e dimenticando le sconfitte. Possiamo ritrovarci e allo
stesso tempo mai incontrarci come l’incontrarsi non comporta necessariamente il
ritrovarsi.
Non leggerete mai l’amarezza tra le righe, la parola “amarezza” non
è amara, non si assapora la dicitura di una parola. L’amore dura in eterno ma
non è eterno come eterne non sono queste parole. Non è un gioco linguistico,
una mediazione, un dialogismo cauto e immaturo così come non voglio che sia
sprovveduto. Non è necessario rifugiarsi tra i meandri dei sé e dei ma, ogni
consapevolezza riecheggia se la comunicazione si tramuta in immagine, in
quell’icona del rivedersi ancorati ad una propria idea, a quella risolutezza
che traspare e si riflette in una scia ordinata di gesti, di parole che,
stilisticamente compongo il discorso, l’accordarsi con il proprio Io. Tutto
questo per giustificare un qualcosa che vuole rinnovarci, rinnovarvi, far capire
prima di tutto chi si è, porsi quest’autoregolazione pacifica, intrinseca alla
propria quotidianità, a noi stessi, alla nostra vita.
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